E’ partito il 28 aprile uno dei concorsi più criticato, chiacchierato e addirittura ribattezzato da molti “concorso truffa”, con le prove scritte che termineranno il 21 maggio, salvo che qualche cosa non faccia ancora slittare il tutto. D’altronde non poteva essere diversamente: questo concorso è “figlio” della Legge 107, soprannominata, scusate l’ironia, LA BUONA SCUOLA.
Sono 165.578 candidati più quelli ammessi con riserva, per 63.712 posti, la prova scritta dura 150 minuti.
Il concorso doveva essere bandito entro il 1 dicembre 2015, ma così non è stato, ed il bando è slittato il 26 febbraio 2016, non riuscendo a rispettare nemmeno questa volta la cadenza triennale dei concorsi nell’ambito scolastico e per quanto riguarda la scuola primaria e dell’infanzia già si sa che non saranno immessi in ruolo per l’inizio del prossimo anno scolastico.
La legge “la buona scuola” ha davvero messo in difficoltà Uffici Scolastici e Scuole, imponendo loro di lavorare senza direttive specifiche, mandando sempre delle note generiche mai esaustive.
Non solo: nonostante l’aumento del carico di lavoro, per quanto riguarda il personale A.T.A. da un lato l’attuale governo proclama concorsi ed assunzioni e dall’altro non solo non assume in ruolo detto personale, ma impone di non sostituire il personale assente, e obbliga a coprire i posti vacanti con supplenze non fino al 31 agosto ma fino al 30 giugno.
La parola vergogna in questo caso sembra quasi un complimento.
Ma facciamo un passo indietro e andiamo a vedere come i governi precedenti hanno affrontato il difficile tema del reclutamento degli insegnanti.
La legge 270/1982 aveva introdotto il doppio canale di reclutamento (50% dei posti a concorso ordinario per cattedre e abilitazione e 50% su graduatorie degli abilitati): fu la prima legge che tentava di dare risposte al caos del precariato creatosi negli anni settanta. La massa del precariato è invece aumentata con governi che poco o nulla hanno fatto per garantire la continuità dei bandi di concorso e che hanno provveduto invece ad indire concorsi riservati per fronteggiare le normali emergenze. Nella scuola secondaria (come nell’Università del resto) i grandi concorsi nazionali per l’abilitazione sono sempre stati pochi e molto distanziati negli anni: l’ultimo, come ha segnalato lo stesso Miur è stato nel 1999. Poi il vuoto assoluto fino al 2012.
Proprio nel 1999 avvenne una svolta con il ministro Berlinguer che introdusse la distinzione tra percorsi di abilitazione (lauree magistrali abilitanti, SSIS) e reclutamento mantenendo inalterata l’architettura del doppio canale. Concretamente si toglieva al concorso la possibilità di riconoscere l’abilitazione all’insegnamento, affidandola ad un separato canale universitario. Tuttavia non si capisce come mai Berlinguer e i suoi successori si siano “scordati” di indire, come previsto dalla legge, i concorsi a cattedra creando una situazione di caos nelle graduatorie che da permanenti erano diventate, con Fioroni, ad esaurimento (GaE).
La ministra Gelmini ha infine gettato benzina sul fuoco eliminando le SSIS e promettendo di introdurre in tempi brevi nuovi percorsi di abilitazione con i TFA; peccato che questi TFA siano stati introdotti con enorme ritardo creando nel contempo una ulteriore massa di laureati privi di abilitazione che operavano come supplenti nelle scuole.
Trent’anni di scelte irresponsabili pagate sulla pelle di decine di migliaia di insegnanti costretti ad una situazione di precariato che poteva essere superata con la stabilizzazione prevista dalla direttiva europea n. 70 del 1999 la quale prevedeva il diritto dei precari alla stabilizzazione dopo 36 mesi di servizio.
Indipendentemente dal fatto che il Ministero non fosse in grado di valutare a priori la consistenza degli organici, le soluzioni potevano e dovevano assolutamente essere cercate (dato che si parla di buona scuola). Una fra le tante poteva essere un piano di reclutamento a lungo termine con una quota di riserva per i docenti precari con più di 36 mesi con obbligo di abilitarsi entro un determinato periodo previsto dalla legge.
Secondo alcune associazioni ci sono circa 250 mila precari da stabilizzare sui cosiddetti posti “vacanti e disponibili”, proprio quei posti che l’ultima sentenza europea stabilisce non possano più essere coperti con il rinnovo dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi.
Forse è proprio per evitare i ricorsi che il Governo ha deciso di varare quello che ha chiamato piano straordinario di assunzioni stanziando un miliardo di euro nella legge di stabilità e annoverando esplicitamente nel documento “La buona Scuola” i principi alla base della direttiva europea sopracitata. Tenendo conto che i ricorrenti erano già 6-7 mila, dopo l’ultima sentenza europea, in migliaia avrebbero potuto andare in tribunale per reclamare le loro ragioni.
Come in effetti ci sarebbero più di 25 mila docenti non abilitati ad avere interesse ad essere ammessi al concorso e l’orientamento del TAR, dopo le prime pronunce negative, relativamente ai laureati non abilitati, agli ITP e ai diplomati magistrali a indirizzo linguistico, dovrebbe indirizzarsi a favore dei candidati, considerate le ordinanze n. 1598 e 1600 del Consiglio di Stato, con le quali si sospende la sentenza negativa concedendo l’ammissione con riserva alle prove concorsuali.
Gli Uffici scolastici regionali si sono dovuti di tutta fretta organizzare (come ormai di consuetudine, con la buona scuola non si programma nulla) e per essere ammessi alle prove i ricorrenti devono presentare l’ordinanza di ammissione con riserva; questo perché avendo il TAR del Lazio fissato una data per l’udienza collegiale successiva al termine di presentazione delle domande, ha stabilito in via provvisoria la possibilità di partecipare al concorso, in attesa della sentenza che giudicherà nel merito.
Rimane indiscusso il fatto che il Ministero dell’istruzione non intende ammettere al concorso gli aspiranti non abilitati in quanto la stessa L. 107 prevede il titolo dell’abilitazione all’insegnamento come requisito necessario alla procedura concorsuale.
Ma che dire allora degli specializzandi sul sostegno che ugualmente non sono stati ammessi con il risultato che in cinque regioni del Nord Italia i candidati per il sostegno sono in numero inferiore alla quantità complessiva dei posti messi a concorso?
Per non parlare dei Licei Musicali sorti 5 anni fa: alla loro nascita i licei musicali non avevano classi di concorso apposite cui attingere per assumere gli insegnanti così vennero reclutati i professori di strumento a indirizzo musicale delle medie. Peccato che questi ultimi, dopo aver insegnato e avviato i licei musicali, non possono partecipare al concorso e continuare il percorso iniziato perchè di ruolo nelle scuole medie.
Con l’ulteriore beffa: saranno proprio gli insegnanti di strumento delle medie che formeranno le commissioni di esame per le classi di concorso dei licei musicali.
Ma perché questo pasticcio?
Anche in passato sono stati fatti pasticci analoghi se pensiamo che mentre per le classi di concorso più diffuse sono stati regolarmente attivati i percorsi ordinari (TFA) invece per le classi meno diffuse della ex tabella C l’ultimo concorso abilitante si è svolto nel 1995 e dopo non sono stati più previsti concorsi ordinari.
Ma allora questi casi non sollevano dubbi di incostituzionalità della L. 107 in quanto essa viola il principio Costituzionale espresso dall’art. 97:” I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell’amministrazione”?
Di quale imparzialità si parla se il bando non consente la massima partecipazione in modo da garantire la miglior selezione dei candidati e esclude chi per anni ha lavorato per la pubblica amministrazione? Queste persone andavano bene per insegnare, coprendo posti vacanti che si perpetravano nel corso degli anni ma non sono idonei a partecipare a un concorso per poter continuare a fare quello che hanno finora fatto?
E chi non ha avuto la possibilità di abilitarsi vogliamo escluderlo a priori?
E chi sta terminando il percorso abilitativo ma non ha ancora conseguito l’abilitazione? Dovrà aspettare altri tre anni se va bene? Per non palare di coloro che hanno conseguito il titolo di abilitazione all’estero e sono in attesa del Decreto di riconoscimento da parte del Miur.
Non dimentichiamo che in passato molti diplomati magistrali hanno fatto ricorso per far riconoscere al diploma il valore abilitante, hanno vinto e molti sono passati di ruolo, ma quelli che non hanno fatto ricorso?
Si è creato un sistema per cui, si va avanti solo a ricorsi ed il Governo ne è perfettamente consapevole. Allora perchè non ha fatto nulla? Perché non vuole riconoscere i diritti affermando che l’intento dichiarato è quello di porre fine al precariato storico e di avere insegnanti più preparati? Oppure il vero scopo continua ad essere quello di risparmiare e mantenere il più possibile docenti che hanno meno diritti degli altri di ruolo ma le stesse responsabilità e gli stessi doveri?
Perché si fa una Legge senza ascoltare le parti in causa e dopo devono essere i singoli a correggere il tiro a loro spese facendo ricorso per ristabilire i diritti violati? Perché bisogna far riconoscere ai tribunali questi diritti ormai evidenti? Non era più semplice cercare di sanare queste situazioni considerando i docenti precari che lavorano da anni nella scuola e quelli che hanno iniziato un percorso abilitativo spendendo soldi, tempo e tutte le loro energie come prezioso materiale umano e futuro arricchimento per una scuola che davvero apre le porte non solo a chi si dimostra meritevole sulla carta ma soprattutto sul campo?
A cura di redazione scuolaE’